A Scampia, dal 19 al 21 aprile 2024, un evento nazionale ha riunito teologi, educatori e famiglie per ribaltare il paradigma della disabilità: non carità, ma corresponsabilità. Una Chiesa che non include per dovere, ma perché riconosce nell’altro parte di sé.
di Sara Domenici
NAPOLI – “Non c’è inclusione se manca una conversione nelle pratiche della convivenza e delle relazioni”. Con queste parole Suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio Nazionale CEI per la pastorale delle persone con disabilità, ha aperto il Convegno nazionale “Noi, non loro – In ogni stagione della vita”, svoltosi dal 19 al 21 aprile 2024 presso il Complesso Universitario di Scampia (Università degli Studi di Napoli Federico II).
Un evento storico, non solo per i contenuti affrontati, ma anche per la forma: accessibile in LIS, con sottotitoli e, per la prima volta, audiodescrizione anche per le celebrazioni liturgiche, permettendo una piena partecipazione alle persone cieche. Non un Convegno “per” le persone con disabilità, ma con loro.
Dal “loro” al “noi”: un cambio di paradigma
Il titolo non è casuale. “Noi, non loro” è una dichiarazione netta: l’inclusione non è un’opzione, ma la condizione essenziale per costruire una Chiesa e una società che riconoscono la dignità di ogni persona. Lo ha sottolineato il Monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della CEI, affermando che la pace nasce dove la persona è accolta, stimata e amata.
Un messaggio profondamente evangelico, come ha ribadito anche Don Mattia Magoni (ISSR Bergamo): accogliere il contributo di ogni battezzato, anche nella fragilità, non è gentilezza, ma fedeltà al Vangelo.
Disabilità come risorsa, non come limite
L’inclusione è stata affrontata nelle diverse fasi della vita: infanzia, adolescenza, età adulta e vecchiaia. In ciascuna, i relatori hanno ribaltato la visione tradizionale: la persona con disabilità non è un problema da risolvere, ma una risorsa da valorizzare.
Don Samuele Ferrari (Seminario di Milano) ha parlato di “talenti, desideri, vocazione” anche per gli adolescenti con disabilità, evidenziandone il valore nella comunità ecclesiale.
Don Ubaldo Montisci (Università Salesiana) ha invitato a superare le logiche burocratiche e abitudinarie per generare percorsi di vita autentici e rispettosi.
Tra gli interventi, lo psicologo Giovanni Miselli (Fondazione Sospiro Onlus) ha evidenziato come l’adolescenza sia una fase cruciale per le persone nello spettro autistico, spesso trascurata. Le barriere più difficili sono quelle che ostacolano la realizzazione dei valori personali. Riconoscere i reali bisogni della persona e fornire supporti adeguati è essenziale per prevenire disturbi comportamentali e costruire un progetto di vita autentico.
Educazione e formazione: il nodo ancora aperto
Molti interventi hanno sottolineato le fragilità del sistema educativo e sociosanitario italiano.
Il professor Dario Ianes (Libera Università di Bolzano) ha denunciato la scarsa formazione dei docenti, in particolare nella scuola secondaria, e la mancanza di alleanze educative con le famiglie.
Roberto Franchini (Don Orione) ha ricordato che un progetto di vita rigido, che non evolve con i bisogni della persona, è destinato a fallire. Serve invece flessibilità, ascolto e la capacità di rompere schemi mentali preconfezionati.
Anziani e disabilità: la sfida dell’invecchiamento
Un’intera sessione è stata dedicata alla terza età, tema di crescente rilevanza e spesso trascurato.
Il padre generale del Cottolengo, Don Carmine Arice, ha invocato un nuovo paradigma nella cura degli anziani: non solo assistenza sanitaria, ma attenzione al senso, alle relazioni, alla spiritualità.
Anche Tiziano Gomiero (Anffas Trentino) ha sottolineato la necessità di servizi personalizzati per una popolazione disabile che invecchia sempre di più, con condizioni complesse come demenza e sindromi genetiche.
Dall’inclusione alla fraternità: un cammino possibile
Il Convegno ha lanciato una sfida concreta alla comunità ecclesiale e civile: quella di ripensarsi come “noi” collettivo, che non lascia indietro nessuno.
Come ha detto Mons. Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli: “Bisogna passare dall’ipocrisia delle celebrazioni al coraggio delle scelte. Il passaggio dall’‘io’ al ‘noi’ è il vero antidoto all’individualismo”.
Conclusione: la bellezza del camminare insieme
“Noi, non loro” non è stato soltanto il titolo di un Convegno, ma un chiaro messaggio programmatico. La CEI ha voluto affermare che l’inclusione delle persone con disabilità non può essere relegata alla sfera del buon cuore o della semplice assistenza: è una questione di giustizia, di fedeltà al Vangelo, di impegno condiviso nella vita della Chiesa.
Il Convegno ha messo in evidenza che l’inclusione non consiste nel “portare dentro” qualcuno, ma nel camminare insieme, su un piano di pari dignità, in ogni momento della vita.
La vera sfida è superare l’idea della disabilità come problema da gestire. Ciò che emerge con forza è che le persone con disabilità non sono oggetto di cura, ma soggetti attivi di comunità, capaci di evangelizzare, di generare relazioni, di offrire una lettura autentica del Vangelo.
In questo senso, la disabilità diventa un luogo teologico: uno spazio concreto in cui la presenza di Dio si manifesta in modo spesso inatteso, attraverso la fragilità, la forza dei legami e della fede vissuta.
Il percorso della CEI si inserisce in un processo più ampio di rinnovamento ecclesiale, che punta a costruire una Chiesa realmente inclusiva, dove l’espressione “Noi, non loro” diventa stile di vita e approccio pastorale reale.
Il messaggio finale è chiaro: la vera inclusione non è un traguardo da celebrare, ma un processo da vivere ogni giorno, con concretezza, consapevolezza e volontà di cambiamento.
