Nel cuore della Capitale si concretizza un progetto di accoglienza rivolto ai pellegrini più fragili: un’iniziativa che è nata in occasione del Giubileo 2025 e che unisce inclusione, spiritualità e servizio.
di Sara Domenici
Roma – Un piccolo ma significativo segno di speranza prende ha preso forma tra le mura storiche dell’Oratorio di San Filippo Neri, all’interno della Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini, nel centro storico romano. In vista del Giubileo 2025, dove è stato inaugurato un nuovo spazio pensato per abbracciare con dignità e calore le persone con disabilità e fragilità, offrendo loro un luogo sicuro e ricco di umanità.
Il progetto – promosso dal Circolo San Pietro in collaborazione con la Diocesi di Roma, la Conferenza Episcopale Italiana e il Ministero per le Disabilità – è stato fortemente voluto come risposta concreta al messaggio giubilare di Papa Francesco: “Pellegrini di speranza”, un invito ad abbattere ogni limite – fisico, sensoriale e culturale – per camminare insieme, nessuno escluso.
Un’accoglienza senza barriere
I locali dell’Oratorio, attentamente ristrutturati, offrono oggi un ambiente comodo per tutti: dotati di ascensore, montascale e servizi adeguati, ospitano diverse aree funzionali.
All’ingresso, i pellegrini trovano una zona per il deposito dei bagagli, una ludoteca per bambini, un’area relax con poltrone reclinabili e separé per garantire privacy, una sala ristoro dove scaldare bevande e consumare un pasto caldo, e spazi per la socialità e la preghiera.
Non mancano strumenti per la comunicazione: mappe tattili e parlanti, pannelli in Braille e supporti per le persone con disabilità visive e uditive, realizzati grazie alla competenza di Dino Angelaccio e Odette Mbuy, esperti nell’accessibilità culturale e religiosa.
Un segno concreto per oggi e per il futuro
La struttura resta operativa ogni mercoledì, in occasione delle udienze generali del Papa, e nei fine settimana legati agli eventi giubilari, dalle 12 alle 17, grazie al supporto di oltre 70 volontari formati per l’accoglienza inclusiva, alcuni dei quali stanno anche apprendendo la Lingua dei segni italiana (LIS) per garantire un contatto diretto e rispettoso con gli ospiti.
Durante la cerimonia inaugurale, presieduta dal Cardinale Baldassarre Reina, è stata celebrata una Messa nella Basilica. Presente anche una delegazione del Movimento Apostolico Ciechi, con interpreti LIS che hanno consentito a tutti i partecipanti di seguire l’omelia.
Il Cardinale ha sottolineato l’importanza di un’accoglienza che vada oltre l’assistenza: “Questo non è solo un luogo di passaggio, ma un segno concreto di speranza per chiunque vi entri”.
Una “casa” per chi ha più bisogno
Secondo Niccolò Sacchetti, presidente del Circolo San Pietro, l’idea è nata dopo un incontro con Papa Francesco: “Il Santo Padre ci ha incoraggiati ad aprire nuovi cantieri della carità. Questo spazio è la risposta a quel richiamo. Vogliamo che diventi un punto di riferimento stabile per tutta la città, anche dopo il Giubileo”.
Anche suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale delle persone con disabilità della CEI, ha evidenziato come l’iniziativa rappresenti un modello replicabile in altre realtà ecclesiali e civili: “Accogliere tutti, senza esclusioni, è una sfida ma anche una missione. Questa esperienza mostra che un’altra Chiesa, più inclusiva e accessibile, è possibile”.
La presenza alla cerimonia di rappresentanti istituzionali e religiosi – tra cui la Ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, il Monsignor Andrea Manto, e il coordinatore per il Giubileo Agostino Miozzo – testimonia la portata simbolica e operativa del progetto.
La ministra Locatelli ha ribadito: “Questo luogo incarna perfettamente l’idea di una società che guarda ai talenti e non ai limiti. È una casa, non solo un servizio”.
Conclusioni
Il nuovo Spazio Accoglienza all’Oratorio San Filippo Neri rappresenta certamente un modello, ma prima ancora un segno tangibile che il Vangelo può tradursi in gesti capaci di cambiare la vita delle persone.
Oggi, l’inclusione è ancora troppo spesso affidata alle parole e proprio quest’iniziativa mostra che è possibile costruire luoghi in cui nessuno è lasciato indietro. È da progetti come questo che può nascere un nuovo approccio solidale, operoso, e profondamente evangelico.
